Gigliola Tallone,
Milano 22 maggio 2012

Cesare Pavese, la lettera a Carlo Pinelli che parla di Ponina Tallone.
Cinque personaggi da non dimenticare: Cesare Pavese, Ponina Tallone Ciliberti, Franco Ciliberti, Carlo Pinelli, Aurora Ciliberti.



Cesare Pavese. Santo Stefano Belbo 9.9.1908 - Torino 27.8.1950

Cesare era compagno di studi al Liceo D’Azeglio di Torino del fratello di Carlo, Tullio Pinelli, allievi di Augusto Monti e coinvolti dal suo insegnamento, e dalle letture di Gramsci e Gobetti, nel risveglio delle coscienze in quel periodo di stringente morsa della dittatura.
A Tullio farà leggere per primo il dattiloscritto “Paesi Tuoi” e gli invierà una lettera prima del suicidio. Carlo lascia gli studi liceali per seguire la sua passione per la musica, diplomandosi con Giorgio Federico Ghedini in violino e Composizione. Il 1927 e ’28 Carlo prende lezioni di lettere da Cesare Pavese.
Nella lettera del 1928 qui riprodotta, scritta all’amico Carlo, chiede di far leggere a Ponina Tallone alcuni suoi scritti “è una ragazza intelligentissima e tengo in modo indicibile a sapere che cosa ne può pensare”.
Lui ha 4 anni meno di Ponina, è ancora studente ed evidentemente ha già conosciuto Ponina ad Alpignano, condotto da Carlo. Oltre la fatale attrazione per la musica e per l’intelligenza di Ponina, condivideva con lei la fastidiosa sofferenza dell’asma.
Nella fotografia di gruppo scattata nel giardino di Alpignano, si vede Cesare Pavese tra Ponina e la mamma Eleonora, mentre Carlo Pinelli è l’ultimo a destra. Si tratta certamente del battesimo di Sandro Somarè, figlio di Teresa Tallone ed Enrico Somarè, avvenuto ad Alpignano il mese di settembre 1929, come attestato dal certificato parrocchiale.
Ponina mi ha raccontato dell’ultima volta che incontrò Pavese nella sua casa. Pur non essendone certa - la cara Aurora, che ricordava bene le parole della mamma, è mancata il dicembre del 2011 - potrebbe trattarsi del periodo della malattia della madre di Cesare o subito dopo la sua morte, periodo particolarmente triste e angosciante per il poeta, tormentato da sensi di colpa.
Ponina raccontava dell’ambiente della casa di Cesare, oppressivo, trascurato, oscuro, polveroso. Tutto parlava di solitudine e disperazione. Un’angoscia indicibile - ricordava - l’aveva costretta “alla ritirata”, quasi una fuga, con un nodo in gola tale da impedirle di emettere una sola parola.
Ai piedi della casa si era voltata con le lacrime agli occhi, come Cesare Pavese che la guardava dalla finestra. Nell’ultima lettera ricevuta da lui una sola parola: “ buonanotte.”

La lettera di Cesare Pavese a Carlo Pinelli

13 - ott.1928
Caro mio,
faccio un passo che il simile non l’ho mai fatto nella mia vita.
Se questa lettera ti arriva prima che tu venga a Torino (lunedì), fa in modo, tastando terreno, di far leggere alla Sig.na Ponina (dico bene?) quelle mie cose.
E’ una ragazza intelligentissima e tengo in modo indicibile a sapere che cosa ne può pensare.
Ormai, vedi, son proprio l’autore che cerca i lettori ai cantoni. Ma quella è troppo intelligente perchè mi sfugga. Fà il possibile, senza seccarla, si capisce.
Se ti riesce, dimmene, poi il risultato.
Saluti Pavese

 

Estrapolo qui una parte di una lettera publicata, del 3 ottobre del 1929. Pavese scrive a Ponina da Torino:

“…Poi Lei mi ha parlato, confusamente, tra il chiaccherio di tutti. Compresi appena le parole, ricordo soltanto il loro suono, la loro intenzione. Era intorno a quei miei fogli. Io vorrei che Lei mi ripetesse quelle frasi e rimpiango soltanto di non saper scrivere nel suo linguaggio, la musica(…)ho compreso dunque qualcosa? Sono certo che se potessi ascoltare Lei di più e parlarle più a lungo e leggerle i miei poeti, come Lei suona i suoi musici, noi scopriremmo insieme meraviglie…”


Ponina Tallone, Cesare Pavese, Eleonora Tallone, Alpignano 1929


settima da sinistra Ponina Tallone, Cesare Pavese, Eleonora Tallone, Teresa Tallone Somarè (dietro il ragazzino biondo), Marta (Pucci) Somarè col fratellino Sandro in braccio, Guido Tallone (coi pantaloni bianchi), ultimo a destra Carlo Pinelli.

Ponina (Giuditta) Tallone, ultimogenita dei Tallone, nata all’Isola di San Giulio il 3 ottobre 1904, e mancata ad Alpignano il 9 aprile del 1997, all’età di 93 anni.
Lo scrittore, ascoltando Ponina al piano, si era avvicinato per la prima volta alla musica, arte che mai l’aveva interessato prima. La frequentazione è segnata dalla corrispondenza dal 1928 al gennaio del 1930. Scheiwiller pubblica 8 poesie inedite e 4 lettere di Cesare Pavese a Ponina Tallone (Otto poesie inedite e quattro lettere a Ponina Tallone di Cesare Pavese, Vanni Scheiwiller, Tipografia Noseda, Como, 15 ottobre 1964, con l’introduzione di Enrico Emanuelli, by Giuditta Ciliberti Tallone, Como, per gentile concessione dell’Editore Giulio Einaudi, Torino).
Ponina, fin dall’età di 4 anni, aveva manifestato un grande talento, seguendo le orme della zia materna Virginia e della sorella maggiore Milini, virtuosa al piano. La sensibilità musicale di Ponina era ancora più stupefacente perché autodidatta, tanto da ricevere incoraggiamenti da Miecio Horszowski. La breve carriera di concertista termina col matrimonio con il teosofo Franco Ciliberti, a Milano il 24 giugno del 1934, dalla cui unione era nata la figlia Aurora il 1932. Il loro testimone di nozze fu Mario Sironi.
Ponina, donna di intelligenza lucidissima, ne ha sopportato con amore il carattere, affiancandolo sempre, impegnata insieme a lui nella Galleria Ciliberti di via Aurelio Saffi a Milano. La galleria era frequentata, tra gli altri, da Carrà, De Chirico, Sironi, Munari, Chighine, Francese, Quasimodo, oltre che dal mecenate torinese Antonio Gualino. Frequenta anche gli artisti vicini al marito, il “Gruppo di Como”, tra cui Radice, Licini, Bonfanti.

Alla tragica morte del marito, il 1946, ha sofferto un tracollo emotivo e fisico, che fece temere per la sua vita. Messo da parte per necessità il talento musicale innato, ebbe il coraggio di ricominciare, con la piccola figlia Aurora, nelle condizioni economiche difficili di fine guerra. Inizia a disegnare a Como e dal ’48 al ’90 si svolge la sua carriera espositiva. Dopo Como, trascorre un periodo a Bergamo per poi trasferirsi definitivamente ad Alpignano con la figlia Aurora nella casa studio che era stata del fratello Guido. La sua voce sottile eccheggiava in giardino “uh uh” era il richiamo degli amici e parenti per segnalare la presenza “uh uh” la sua risposta dal balcone.
La ricordo vestita di bianco come i suoi capelli candidi e lisci, con la cartella dei fogli e delle matite appuntite meticolosamente, partire alla ricerca di paesaggi che già nascevano nella sua mente, orizzonti spogli col contrappunto di una pianta solitaria, colline che morbidamente sfumano nella bruma. Tornava dalle sue spedizioni accaldata, con le guance rosee sul suo incarnato pallidissimo. Aveva saputo reagire alle difficoltà durissime della vita con enorme dignità e una vena specialissima di umorismo, schegge di sapienza e intelligenza.
Domina uno stile preciso, meditato e sintetico, di matematica e lirica misura, come era la sua natura musicale. Il segno in bianco e nero sublima il bianco e nero dei tasti del suo pianoforte, che continua a suonare solo per gli intimi.
Io ho ascoltato ad Alpignano la sua ultima esecuzione a 90 anni, parte di un piccolo pubblico, la figlia Aurora, l’amico Ezio con un casalingo registratore, e quattro gatti -letteralmente- che ascoltavano immobili sul ballatoio. Un’esecuzione commovente, in cui i limiti oggettivi dell’acustica della piccola stanza erano annullati dalla intensità stupefacente della sua esecuzione.

Ponina e la Mamma Eleonora 1929 circa


Locandina concerto Ponina


Ponina col marito Franco Ciliberti, Milano primi anni ‘40


Ponina Ciliberti Tallone, disegno, Venezia, Isola degli Armeni dal Lido

Carlo Pinelli Alpignano 31.8.1911-Torino 29.7.2004

Carlo Pinelli, terzo figlio dei Conti Pinelli di Cuorgnè, trascorreva lunghi periodi nella amatissima casa in collina ad Alpignano sul colle Giansenico, proprietà della famiglia materna, i Ratti.
Famiglie amiche da più generazioni, anche Carlo diventa intimo e assiduo frequentatore della famiglia Tallone, che possedevano ad Alpignano un’antica dimora costruita sul finire del 1600 ed ereditata dagli antenati materni. Con Ponina condivideva l’amore per la musica. In gioventù spesso suonavano insieme, lei al piano, lui al violino, nella sala rossa della casa di Alpignano.
Cercò di convincere Ponina a seguire gli studi con personaggi di fama come Guido Agosti e di Horzowski, che dopo averla ascoltata si erano offerti di darle lezioni gratuitamente. Scrive nei suoi ricordi che Ponina “era un prodigio di musicalità”. Carlo fu compagno di studi di Pavese al Liceo D’Azeglio di Torino, confidente e amico di Cesare Pavese e a lui si deve l’introduzione di Cesare in casa Tallone.
Ricorda anche che Ponina, in un pomeriggio del ’28, alla presenza degli amici e parenti e di Cesare Pavese, si era interrotta mentre suonava il primo tempo della Patetica, lasciando cadere la testa e le braccia sulla tastiera, e scoppiando in pianto. Si chiede nei suoi appunti se si trattasse di motivi sentimentali, della recente rottura del fidanzamento con F.O. o della nascente “petite histoire” con Pavese, o - forse - il presagio di non potere dedicarsi al piano come avrebbe voluto, per le difficoltà economiche che spesso la privavano persino del pianoforte per lunghi periodi, in mancanza di soldi per pagare le rate dell’affitto…Carlo, che non smise mai di frequentare Ponina e tutti noi Tallone, si diploma in violino e in composizione con Giorgio Federico Ghedini, insegna contrappunto dal 1954 al 1969 al Conservatorio Santa Cecilia di Roma e poi, fino al 1981, al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino.
Come non ricordare nel nostro giardino di Alpignano la presenza costante nei lunghi mesi estivi dello zio Carlo, con la vecchia bicicletta, i pantaloni di velluto a coste con le pinze per evitare i raggi, il giubbino di fustagno, la sua figura asciutta, il naso aquilino sotto gli occhi celesti? Era una figura rassicurante: lo zio Carlo con la erre francese era immutabile, noi giovani Tallone e i nostri amici giovani Pinelli cambiavamo, mentre anno dopo anno, lui era sempre identico.


Ala rustica della casa di Alpignano


Franco Ciliberti Laglio 3 maggio 1905 - Como 16 aprile 1946

Franco Ciliberti fu allievo del teosofo Giuseppe Tucci, che nel novembre 1932 passò alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma, come professore ordinario di Religioni e Filosofia dell’India e dell’Estremo Oriente.
La prima appassionata e splendida lettera di Franco a Ponina data 17 giugno 1931.
Sposa Ponina Tallone il 24 giugno1934.
Fu docente di filosofia e teorico dell’arte, fondatore nel 1941 del movimento e della rivista “Valori primordiali” e amico carissimo di Filippo Tommaso Marinetti e di Massimo Bontempelli.
Con la moglie Ponina conduce la Galleria Ciliberti di Milano in via Aurelio Saffi, frequentata tra gli altri, da Carrà, De Chirico, Sironi, Munari, Chighine, Francese, Quasimodo, oltre che dal mecenate torinese Antonio Gualino. Nel periodo comasco è teorico del “gruppo di Como”, tra cui Radice, Licini, Bonfanti.
Mio padre Ermanno Tallone aveva soprannominato il cognato Franco Ciliberti "Antracite" perche' nero d'occhi, pelle, capelli e di pensieri. Ciliberti era inquieto, corrusco, perentorio, con la testa sempre in ebollizione come un calderone alchemico, ma geniale, frenato dalla grave deficienza di soldi, per il fallimento dell'attività del padre.  E' stato indubbiamente, il suo, un ingenio tormentato, ed è triste dire che la mancanza di fondi fanno la differenza tra successo e disperazione.
Tentò di firmare insieme a mio zio Alberto Tallone (Madino) le edizioni, ma Madino non accettò di condividere il nome Ciliberti-Tallone. Privo di economie, si dovette fermare a un solo esemplare di Valori Primordiali, del 1938. 
Nel clima pittorico italiano, tra copiature picassiane e lisciature tardo impressioniste, scoprì con coraggio la pittura di un Licini, o di un Radice.
Restano di lui quasi solo le conferenze che fece, sulla ipotesi della evoluzione "per salti", legata al genio di alcuni spiriti immortali.
Il resto, l’oblio, l'ha fatto il periodo in cui operava, il Fascismo, e chi ha spazzato nel dopoguerra il buono col cattivo, stravolgendo per lunghissimo tempo il pensiero originale di troppi intellettuali.
Affiancato dalla moglie Ponina sempre, diresse la Galleria di Milano dal 1944 al 1945/6.
Muore a Como il 16 aprile del 1946 per lo scoppio della cucina a gas.


I Creatori

Aurora Ciliberti, Milano 1932 Alpignano 2011.

Voglio ricordare per ultima mia cugina Aurora Ciliberti, figlia di Ponina e Franco. L’ultima a lasciarci, nel recentissimo 2011. Ci siamo frequentate spesso questi ultimi dieci anni, dopo un periodo di assenza dei rapporti, perchè l’ho coinvolta nella ricerca dei documenti di famiglia per il mio archivio, e a lei devo l’acquisizione di preziose lettere dei personaggi di famiglia di un lungo arco temporale. Abbiamo trascorso molti momenti di riflessione sui nostri cari e altrettanti momenti divertenti sull’onda dei ricordi.
Cugina di maggiore età, ad Alpignano guidava nei tre sorelline in quelle attività estive in cui ci ingegnavamo con molto entusiasmo, come i piccoli spettacoli organizzati per i genitori ed amici nelle serate alpignanesi nel portico rialzato della casa, orgogliose dei travestimenti con costumi improvvisati da noi tutte. Oppure ci segnalava nuovi destini per le nostre gite in biciclette, comprese quelle case abbandonate e fatiscenti ma piene di mistero e fascino come la grotta semicrollata di villa Govean. Che straordinari picnic rustici e frugali sognando dejeuner pittorici e che emozione, per la verità spenta in tempo dai genitori preoccupati dei nostri raffredori, seguire le indicazioni dell’Aurora salutista che in puro stile della Malibran ci insegnava i benefici delle passeggiate all’alba sul prato bagnato di rugiada!
Aurora non aveva perso lucidità nella sua bella età avanzata, nè curiosità viva nè quella serenità filosofica che le faceva superare ogni avversità. Si era anche accostata al computer e a Internet negli ultimi tempi e l’improvvisa morte l’ha colta prima della nostra progettata e-mail. Sono sicura che sorriderà dal paradiso auroresco in cui si trova, coi suoi amati cari, coi suoi gatti, con le sue erbe…
Aveva intrapreso con ottimo risultato la traduzione dell’opera poetica di W. H. Hauden, di cui aveva l’amicizia. Di lei rimangono, oltre le traduzioni del poeta, un divertente testo “Lo Zibaldino” e lascia un manoscritto.


Aurora Como 1949.


Alpignano Piazza dei Caduti 1937, cartolina di Aurora alla mamma, 1937.